Il festival del cinema russo in Italia e' un progetto del Centro dei festival cinematografici e dei programmi internazionali.



BREVE STORIA DEL CINEMA RUSSO

 

 

Il cinema russo iniziò nel 1908 con la prima nazionale del primitivo dramma intitolato 'Stenka Razin' di Vladimir Romashkov. Eppure la data di nascita del cinema Sovietico è considerata il 27 agosto 1919, quando Lenin inserisce l'arte del cinema entro i limiti del neo-costituito stato Sovietico proclamando che 'Per noi oggi, l'arte del cinema è la più importante di tutte le arti!' Da questo momento fino alla fine degli anni 1980, la produzione cinematografica fu progettata, finanziata e censurata da apposite organizzazioni statali.

 

Il cinema russo inizia in bellezza grazie all'eccezionale regista Sergej Eisenstein che nei suoi film descrive un panorama impressionante di stenti, tragedie e lotte della classe operaia. Tra i migliori ci sono la 'Corazzata Potemkin' (1925), 'Sciopero' (1925) e 'Ottobre' (1927). In questi anni furono inoltre sviluppate le grandi teorie del montaggio.

 

Alla fine degli anni venti, l'industria cinematografica fu colpita dall'inasprimento ideologico sovietico e il cinema d'avanguardia fu condannato come elitario. Fu in questo periodo che si instaurò il dogma del Realismo Socialista. Alcuni film con una forte carica ideologica girati in questa atmosfera sono 'Chapayev' (1934) dei fratelli Vasilyev, 'Noi di Krondstadt' (1936) di Efim Dzigan, e 'Il Deputato del Baltico' (1937) di Iosif Kheifits. Il primo film su Lenin apparve nel 1937 grazie a Mikhail Romm 'Lenin in ottobre'.

Oltre ai film propagandistici, ebbero grande successo le commedie musicali, tra le quali spiccano 'Tutto il mondo ride' (1934), 'Il circo' (1936) e Volga Volga (1938), tutti e tre diretti da Grigorii Aleksandrov, e anche il genere delle epopee storiche con 'Pietro il Grande' (1939) di Vladimir Petrov, e 'Alexander Nevsky' e 'Ivan il Terribile' di Eisenstein.

 

La produzione di film acquisì un nuovo fervore con l'avvento del 'Disgelo' (1955-1956), quando le restrizioni diminuirono e l'individuo ritornò ancora una volta al centro delle preoccupazioni dei registi. Al loro ritorno dalla guerra, Grigory Chukhrai 'Ballata di un Soldato' (1959), Sergey Bondarchuk 'il Destino di un uomo' (1959) e Yuri Ozerov 'Liberazione' (1959) descrissero le tribolazioni sofferte in battaglia. Nel 1958, Mikhail Kalatozov fu insignito con la palma d'oro a Cannes per 'Quando volano le cicogne' nel quale cerca di rompere con la tradizione del realismo socialista ritraendo la spensieratezza umana cancellata dalla violenza della guerra e la lotta per ricominciare a vivere nonostante le macerie.

 

Nonostante i forti ostacoli posti dal governo sovietico, con sanzioni che andavano dall'essere convocato al Cremlino, (Marlen Chuciev per 'Ho vent'anni',1965) al divieto di girare film (Alexandr Askoldov per 'Il commissario', 1967) ai continui tagli, modifiche ai dialoghi, divieto di partecipare a festival e così via, grandi registi del calibro di Tarkovskij, Konchalovsky, Paradzhanov, Guerman, Muratova, Chepitko, Panfilov si guadagnarono il loro posto nel pantheon del cinema di quella decade. Alcuni dei loro film, che sono stati scoperti in Russia solo dopo la Perestroika, mantengono tutt'ora un forte potere espressivo nelle loro eccellenti descrizioni dei problemi più profondi dell'umanità, dei valori morali, della vita e della morte.

 

Il 'Disgelo' non ha solamente permesso l'uscita sugli schermi di alcuni grandi film d'autore tra cui 'L'infanzia di Ivan' (1962) di Andrej Tarkovskij, 'Nessun orizzonte oltre il fuoco' (1967) di Gleb Panfilov e 'Le ali' (1966) di Larissa Shepitko, ma ha che regalato agli spettatori il piacere del vero divertimento nelle commedie di Leonid Gaidai 'Operazione Y' (1965), 'Una vergine da rubare' (1967), di Eldar Ryazanov 'L'incredibile signor Detockin' (1966) e di Georgi Daneliya 'A zonzo per per Mosca' (1964).

 

L'epoca del 'Disgelo' si concluse nell'agosto del 1968, schiacciato sotto i cingoli dei carri armati sovietici che entrarono a Praga. Molte idee creative venivano soffocate nel nascere. Molti eccezionali film caddero sotto le grinfie della censura tra cui il film di guerra 'Controlli sulle strade' (1971) di Aleksey German, il fantasmagorico 'Agonia' (1973) di Elem Klimov o i dramma psicologici di Kira Мuratova 'Lunghi addii' (1971) e di Gleb Panfilov 'Tema' (1979).

Nonostante tutto anche in questi anni il cinema russo riuscì a produrre film di prima classe. Il numero di spettatori nelle sale cinematografiche in Russia in quel momento era uno dei più alti al mondo. Decine di milioni di persone guardarono le commedie di Leonid Gaidai '12 sedie' (1971), 'Ivan Vasilevic cambia professione' (1973), di Georgi Daneliya 'Mimino' (1977), di Eldar Ryazanov 'Ironia del destino oppure buona sauna', (1975), 'Romanzo d'ufficio' (1977) e di Vladimir Меnshov che con il suo 'Mosca non crede alle lacrime' (1979) riceve il premio Oscar al miglior film straniero.

 

Poi arriva la Perestroika che porta un mutamento epocale. Nel 1986, la vecchia guardia viene spinta in un angolo e i riformatori trovano sempre più spazio. Vasili Pichul 'La piccola Vera' (1989), Juris Podnieks 'È Facile essere giovani?' (1987), Tengiz Abuladze 'Il Pentimento' (1984), Sergey Solovyov 'Assa' (1987), Alexader Sokurov 'La voce solitaria dell'uomo' (1987) e Karen Shakhnazarov 'Città zero' (1988) conferiscono una nuova immagine al cinema russo mostrando delle immagini che in precedenza erano state vietate e trattando dei temi, come quelli della droga, del sesso, dei Gulag, della povertà, che erano a lungo stati considerati tabù.

 

Nel 1990-1991, con la dissoluzione dell'URSS, molti registi tra cui Pavel Lungin 'Taxi Blues' (1990), Vitaly Kanevsky 'Sta fermo, muori e resuscita' (1989), Lidia Bobrova 'Oh, voi oche' (1991), riflettono sul collasso sociale. Tuttavia, la disorganizzazione del sistema cinematografico impedì la proiezione pubblica delle loro opere e spesso, solo grazie a co-produzioni internazionali, registi come Nikita Mikhalkov 'Sole ingannatore' (1994), Valery Todorovski 'Katia Ismailova' (1994) ed altri riuscirono a produrre film di successo.

 

Una nuova rinascita del cinema russo risale alla fine degli anni novanta e ai primi anni del duemila, con l'uscita del film drammatico di culto 'Fratello' (1997) di Aleksey Balabanov e del primo vero blockbuster russo 'I guardiani della notte' (2004) di Timur Bekmambetov promosso anche dalla pubblicità televisiva. Da allora, le commedie, i film d'azione, drammi sono esponenzialmente aumentati. Anche il cinema d'autore è ritornato a dare ottimi frutti grazie ai grandi nomi del cinema russo tra cui spicca Alexandr Sokurov 'Arca russa' (2002), 'Il sole' (2005) e a nuovi registi di talento del calibro di Kirill Serebrennikov 'Fingendosi vittima' (2004), Ivan Vyripaev 'Euforia' (2006), Alexey Popogrebsky 'Come ho finito questa estate' (2010) e Andrey Zviaguintsev che ha portato in Russia il Leone d'oro della mostra del cinema di Venezia con il suo film 'Il ritorno' (2003). Solo altre tre colonne del cinema russo sono riusciti in tale affermazione: Andrey Tarkovsky con 'L'infanzia di Ivan' (1962), Nikita Mikhalkov con 'Urga, territorio d'amore' (1991) e Alexander Sokurov con 'Faust' (2011).